Casamassima: il Paese Azzurro della Puglia

Alcuni giorni prima di partire, per il mio viaggio in Puglia, avevo letto di un piccolo borgo medioevale, Casamassima, in provincia di Bari, il “paese azzurro”, che per fascino e bellezza veniva paragonato a Chefchaouen in Marocco e a Jodhpur in India, mi aveva talmente incuriosito, visto anche le poche notizie trovate, che non potevo lasciarmi scappare l’occasione di vederlo di persona.

Appena arrivata a Bari inizio a chiedere informazioni, ma sembra che pochi conoscano questo borgo con l’appellativo di Paese azzurro, e anche raggiungerlo con i soli mezzi pubblici sembra difficile.

Poi, proprio mentre cerco indicazioni, mi imbatto in un’edicolante che non solo conosce la sua storia, ma mi spiega anche il modo più facile per arrivarci. Vi è un bus che può condurmi poco fuori del centro storico, l’unica accortezza che dovrò tenere a mente è che, nel tardo pomeriggio, vi sono solo due corse per ritornare a Bari, nel caso perdessi l’ultima corsa avrei dovuto trovare una sistemazione per la notte a Casamassima. Decido, quindi, di impostare la sveglia del cellulare venti minuti prima dell’ultima partenza prevista.
In una quarantina di minuti eccomi arrivata, in questo angolo di Puglia sospeso nel tempo e senza tempo. Casamassima il paese azzurro.jpg

Attraverso la piazza principale di Casamassima, Piazza Aldo Moro, dove si trova una delle chiese più importanti la Chiesa del Purgatorio un edifico di stile barocco, con il suo imponente campanile, e da qui varco la Porta dell’orologio, l’ingresso principale all’antico borgo antico, dove la vita scorre lentamente tra i suoi vicoli.

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Porta dell'orologio - Casamassima - il paese azzurro

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A poca distanza mi imbatto nella Chiesa di Santa Croce o Chiesa Matrice, realizzata in stile romanico risalente al 1300 e da qui mi addentro sempre più nei vicoli, nei chiassi (ovvero in quelle viuzze strette senza uscita) che circondano la chiesa.

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L’azzurro inizia ad essere il colore predominante, mi ritrovo in un’atmosfera fiabesca.

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Un tempo qui tutte le abitazioni del centro storico erano di color azzurro.

Oggi, con il trascorrere del tempo, il colore su alcune abitazioni si è un po’ scolorito, ma la matrice del colore è ancora visibile e con essa è rimasto intatto il suo fascino.

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Negli anni Sessanta del secolo scorso, Vittorio Viviani, un pittore milanese, di passaggio a Casamassima, rimase talmente estasiato dalla cromia del suo centro storico, da quell’azzurro che lo caratterizzava, che decise di immortalarlo in alcuni suoi dipinti e soprannominò Casamassima, il “Paese azzurro”.

Tra le sue stradine il tempo sembra essersi fermato, mentre sono avvolta dal silenzio, dinnanzi a me uno spettacolo suggestivo: l’azzurro che ricopre la pietra si mescola all’azzurro del cielo. Ogni tanto incontro delle nonnine che sedute davanti all’uscio di casa o affacciate ai balconi mi salutano cordialmente e fiere del loro borgo, non perdono occasione per raccontarmi, orgogliose, la storia del paese.

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Mi rendo conto che qui, lontano dal glamour delle località alla moda, prese d’assalto dai turisti, la vita scorre secondo ritmi lenti, scandita dai rintocchi dei campanili delle chiese.

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In quest’amosfera fatata, senza tempo, anche i racconti relativi alle origini di Casamassima si mescolano con la fantasia, il confine tra storia e leggenda diventa sempre più labile.

Secondo un’antica leggenda, infatti, il primo accampamento che diede, poi, origine al borgo, fu fondato, durante le guerre puniche, da un generale romano, Fabio Massimo il Temporeggiatore, e da qui deriverebbe il nome del borgo “Casa di Massimo”.

Le prime testimonianze archeologiche, documentate, fanno risalire, invece, la nascita del borgo intorno al VIII – IX secolo.

Ciò che è certo è che l’antico borgo visse per secoli sotto diversi signori.

Negli anni si sono diffuse anche diverse storie legate al colore azzurro che caratterizzano le sue abitazioni. Si racconta che il Signore di Casamassima, Michele Vazz, nel XVII secolo fece un voto alla Madonna per allontanare la peste che aveva colpito la città, ordinò di ricoprire con la calce tutti gli edifici, un antico sistema utilizzato per disinfettare, aggiungendo, in onore alla Madonna e in particolare al colore del suo manto, l’azzurro alla calce viva, probabilmente solfato di rame. La peste fu debellata e da allora, per secoli, le case continuarono a essere tinteggiate di azzurro in ricordo di quel voto.

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Gli anziani del paese raccontano anche una storia non legata strettamente alla Fede.

Si narra, infatti, che il colore azzurro sia da ricondurre ad un’usanza delle casalinghe:  queste nel fare il bucato aggiungevano all’acqua una polvere azzurra, di color indaco, ricavata da una pianta, che, usata in piccole dosi, dava nuova vita a lenzuola e camicie ingiallite che tornavano così bianche.

Poiché in passato il bucato veniva fatto a mano con l’acqua presa alle fontane del paese, una volta terminato, quella stessa acqua non veniva gettata via, ma veniva mescolata alla calce e riutilizzata per riverniciare le pareti, o anche usata semplicemente per lavare i muri delle case. Da qui il colore azzurro tipico delle abitazioni di Casamassima.

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Il centro storico non è solo un dipinto a cielo aperto, ma è anche caratterizzato da numerosi edifici religiosi quali il Convento delle Monachelle, oggi complesso culturale del piccolo borgo, un tempo, invece, sede di un orfanotrofio in cui trovavano ospitalità le fanciulle orfane definite appunto le monacelle o piccole monache per il loro abbigliamento austero simile a quello delle suore.

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Negli ultimi anni, grazie al riconoscimento ottenuto come Borgo autentico d’Italia e ad un attento piano di recupero e di valorizzazione di tutto il centro storico, considerato una delle bellezze italiane, la fama di Casamassima si sta diffondendo piano piano, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale.

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Qualunque sia la storia legata all’usanza di dipingere d’azzurro i muri delle abitazioni, questo piccolo borgo, che sembra sospeso tra le nuvole, ha un fascino antico, tratti enigmatico.

Forse non ricorda le atmosfere andaluse della perla blu del Marocco, Chefchaouen o quelle orientali di Jodhpur, la città blu dell’India, ma ha un fascino, che ricorda un passato legato alle nostre tradizioni quelle contadine, scandite da ritmi lenti, che affascina e ammalia chiunque ha la fortuna di trascorrervi anche solo poche ore.

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