Nel cuore del parco dell’Albufera

A pochissima distanza da Valencia è possibile immergersi in un parco naturale incredibile, unico nel suo genere in tutta Spagna: l’Albufera, dall’arabo al-buhayra, “il piccolo mare“.

La laguna più grande della Spagna, con una dimensione pari quasi a quella della stessa città di Valencia: un luogo dove le tradizioni, con i suoi antichi mestieri, e la natura, con la sua fauna, convivono armoniosamente, oggi come ieri, in quella distesa d’acqua dove il passato e il presente sono in perfetta simbiosi.

Ed è proprio lì che decido di recarmi per rilassare la mente e lo spirito dopo la vivace notte della movida valenciana (questo il link all’articolo).

E’ possibile raggiungere l’Albufera in auto o volendo anche noleggiando una bici in centro a Valencia, ma essendo bassa stagione preferisco prendere l’autobus, la linea 25 che dal centro di Valencia mi permette di raggiungere al prezzo di € 1,50 El Palmar, un antico paese di pescatori, il più caratteristico dei diversi comuni situati nel parco dell’Albufera.

Non è stato facile trovare il capolinea situato in Calle Cerdán de Tallada, una piccola stradina di fronte al Jardines de la Glorieta, uno splendido giardino pubblico dove vi sono diversi maestosi esemplari di ficus macrophylla.

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La strada che porta a El Palmar è davvero affascinante, costeggiata da campi e risaie, è in queste terre che viene prodotto il riso che ha reso famoso nel mondo la paella, il piatto tipico valenciano (questo il link all’articolo).

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Scendo alla fermata di El Palmar, un piccolo paesino situato sul lato sud del lago dell’Albufera, e inizio a camminare tra le sue stradine quasi deserte, nonostante sia mattinata inoltrata, sembra quasi un paese assonnato dove si sente solo il vociare confuso dei camerieri dei ristoranti che iniziano ad apparecchiare i tavoli all’aperto, situati accanto ai canali.

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Man mano che mi addentro nel paese mi sembra di viaggiare nel tempo, nelle tradizioni di questa lingua di terra che, ancora oggi, sono così vive, mi immagino la vita dei pescatori e dei contadini che abitavano questi territori.

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Solo ora riesco a capire il perché El Palmar fu una fonte d’ispirazione per il romanziere Vicente Blasco Ibañez che qui vi ambientò alcune delle sue storie più conosciute come “La Barraca” e “Cañas y Barro” (Canne e Fango).

Lungo i numerosi canali è possibile vedere le tipiche imbarcazioni valenciane le Albuferencas, barche a remi molto lunghe, un tempo usate dai pescatori per la pesca dell’anguilla.

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Anche se è poco comune è possibile, ancora oggi, trovare, a El Palmar, chi organizza uscite sul lago con queste tipiche barche a remi, la maggior parte dei tour organizzati, però, avvengono con imbarcazioni a motore.

Nel pittoresco paese del El Palmar vengono custodite gelosamente le Barracas, le antiche e tipiche abitazioni dei pescatori e contadini, situate lungo le sponde del lago, dove erano soliti riporre, anche, le attrezzature necessarie alla pesca e alle coltivazioni del riso.

Costruzioni molto semplici, bianche, realizzate con i materiali della zona, quali argilla, canne e giunchi. Oggi non sono più usate come abitazioni private, ma sono state riconvertite in musei o vengono affittate per cerimonie ed eventi. Le Baraccas sono una vera e propria icona della storia valenciana a tal punto che in centro a Valencia è comune trovarle come souvenir.

Quando meno me lo aspetto, giro un angolo e mi ritrovo di fronte a me, la più antica baracca del paese: la Barraca del Arandes che conserva ancora oggi la struttura originaria risalente a più di 200 anni fa; le pareti sono realizzate con mattoni di argilla, il pavimento in argilla compressa e il tetto, formato da una struttura di travi di legno è ricoperto da lunghi cannicci, il “borrò”, un materiale vegetale che si coltiva nella zona. Purtoppo non è visitabile il suo interno.

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I turisti per il paese sono davvero pochi, ogni tanto mi capita di incrociare quelli che erano in autobus con me e che rincontrerò nel tardo pomeriggio alla fermata dell’autobus che ci riporterà a Valencia.

Contrariamente alle previsioni è una bella giornata di sole, seppure molto ventosa, una stradina mi conduce fuori il paese, ovviamente viste le dimensioni del Parco dell’Albufera non è possibile visitarlo in un solo giorno.

Cammino tra i sentieri tra risaie e piante che costeggiano le sponde del lago dove barche leggere, che carezzano l’acqua, sembrano sussurrarmi le storie legate alla vita di chi abitava e lavorava in quest’angolo di Spagna e dove ancora oggi si tramandano le tradizioni alle nuove generazioni.

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Non mi sarei mai aspettata di trovare a pochi chilometri da Valencia, una città il cui simbolo nel mondo è la Città delle Arti e le Scienze di Valencia, un capolavoro di tecnologia e architettura contemporanea, un tale spettacolo, dove la calma più assoluta e i colori splendidi, quasi irreali la fanno da padrona.

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Forse per questo l’Albufeba è conosciuta anche come “El Espejo del Sol” (lo specchio del sole), un luogo quasi incantato dove per giochi speciali della natura, la luce cambia ad ogni ora del giorno e supera la bravura di qualsiasi pittore, proprio come in un grande specchio i raggi del sole vengono riflessi dalla superficie delle acque.

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Nonostante la vastità del lago una sua particolarità è data dalle acque particolarmente basse.

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Anche se è bassa stagione, si incontrano diversi abitanti di El Palmar che, al prezzo di 4/5 € , mi propongono un’escursione in barca per ammirare da una diversa prospettiva l’Albufera e i suoi campi.

Essendo una giornata soleggiata, ma particolarmente ventosa preferisco, però continuare la mia escursione a piedi, lungo un sentiero circondato da giardini e coltivazioni, in questo modo ho anche il tempo di fotografare con calma il paesaggio: per parecchie ore, mi ritrovo, così, in un’oasi di pace, un regalo inaspettato della natura, completamente da sola, dove si ode solo il rumore del vento e il verso di qualche airone in lontananza.

Davanti a me una vasta distesa di acqua, quasi un dipinto con il verde della vegetazione come cornice, intervallata da spruzzi di color paglia e riflessi del sole che ne risaltano i colori.

L’Albufera non ha solo un inestimabile valore storico artistico che permette di far conoscere le tradizioni, per scoprire le forme di pesca, le piantagioni di riso, gli antichi alloggi e le ricette culinarie di questo luogo ma ha anche un enorme valore ecologico: vi vivono numerose specie di uccelli acquatici ed è anche una zona di passaggio per gli uccelli migratori, tra cui fenicotteri e aironi bianchi.

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Per pranzo ritorno nuovamente nel paese di El Palmar dove dicono vi siano più ristoranti che abitanti, e non è un’esagerazione considerato che in una popolazione di circa 800 abitanti, ci sono più di 30 ristoranti.

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Qui è possibile degustare alcuni dei piatti tipici valenciani oltre alla Paella vi è l’Arròs a Banda (letteralmente, “riso a parte“). Un piatto tipico dei pescatori: in un primo momento vengono cotte, con patate e cipolle, coda di rospo, merluzzo, scorfano o pesci simili, successivamente con il brodo derivante dalla cottura si preparava il riso, come semplice accompagnamento del pesce. Da qui il suo nome: pesce con riso “a banda” (ovvero “a parte”) L’All i Pebre (“anguilla e pepe”) più che un piatto, è un metodo culinario utilizzato per cucinare l’anguilla in umido. Oltre all’anguilla fresca e all’aglio, vengono utilizzati paprika, peperoncino e patate.

E così mentre sono seduta sull’autobus che mi riconduce a Valencia, ho ancora davanti agli occhi le immagini di quei paesaggi dell’Albufera, mi rendo conto di aver trascorso la giornata in un luogo incantato che mi ha permesso di conoscere meglio le tradizioni spagnole, ho camminato per quelle stradine dove è nata la Paella, e ho potuto immaginare, in quei sentieri in mezzo ai canneti, la vita di chi, ad un passo dalla città, viveva tra acqua e riso!

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