La domanda che forse tutti ci siamo fatti in queste settimane è “Come torneremo a viaggiare?”.
Al termine di questa emergenza sanitaria il turismo cambierà sicuramente. Con tutta probabilità i viaggi all’estero saranno sottoposti a numerose restrizioni. E’ ragionevole pensare che, almeno per alcuni mesi, ci si orienterà verso un turismo di prossimità in Italia, alla scoperta di mete vicino casa, come ad esempio i borghi più belli della nostra penisola tra mare e montagne, lontani dai grandi circuiti, eppure ricchi di storia, natura e cultura.
Probabilmente, a dispetto del passato, il turismo che verrà, sarà un turismo diverso, meno mordi e fuggi, più consapevole, dove le parole d’ordine saranno scoperta e libertà.
L’essenza del viaggio non deriverà più dalle migliaia di chilometri percorse a bordo di un aereo, ma dallo spirito di scoperta derivante dalla cultura e tradizioni dei luoghi visitati.
Quando verranno riaperte le frontiere con tutta probabilità verrà rivalutato una tipologia di viaggio, abbandonata negli ultimi anni, l’on the road.
Ci si ritroverà alla guida di un’auto o di una moto a macinare chilometri sotto sole e pioggia, apprezzando il ritorno all’essenziale, godendosi panorami incantevoli su strade che fanno sognare, lontano dal traffico cittadino, scegliendo le tappe del proprio viaggio, per apprezzare ciò che si nasconde tra una destinazione e l’altra.
Un viaggio, fatto su misura, che si può costruire interamente sulla base delle proprie preferenze, sperimentando, così, la forma di libertà più bella del viaggio, ovvero quella di scegliere le tappe, dove fermarsi, dove dormire.
Nell’on the road l’importante non è la destinazione, ma il viaggio stesso, quel senso di scoperta continuo e le emozioni che il susseguirsi di paesaggi mutevoli sanno regalare. Un viaggio che inizia ancor prima di arrivare a destinazione. Nell’immaginario di tutti, l’emblema dell’on the road è la Route 66 la strada che collega Chicago a Santa Monica attraversando ben 8 stati. Eppure ci sono anche in Europa on the road meno conosciuti, ma altrettanto belli.
In attesa di poter vivere anche noi un on the road, oggi possiamo sognarlo attraverso il viaggio tra Croazia e Montenegro di Daniele:
“Esattamente 12 mesi dopo il primo Cammino di Santiago, un’esperienza che mi aveva arricchito, cambiando il mio modo di pormi alla vita, avevo iniziato a guardare il mondo con occhi diversi, ero alle prese con l’organizzazione del viaggio che avrei intrapreso quell’estate, quando mi ritrovai ad affrontare alcune difficoltà.
A causa di un cambiamento lavorativo, durante i mesi estivi avrei avuto meno giorni di ferie a disposizione, a questo si aggiungeva non solo la rinegoziazione del mutuo sulla casa, ma anche un’ulteriore spesa non preventivata, la sostituzione della mia macchina storica, quella alla quale ero particolarmente affezionato, essendo stata la prima auto acquistata con i primi risparmi. E così per far fronte alle spese dell’acquisto di una nuova auto mi ritrovavo ulteriormente indebitato.
Con queste premesse non avevo molte scelte per le mie vacanze estive, se non quella di optare per un viaggio breve, al massimo di una settimana, ma soprattutto economico.
In una sera di primavera, propongo ad un amico, Giovanni, di intraprendere un viaggio on the road tra Croazia e Montenegro. Solitamente i miei amici tendono a rifiutare quasi tutte le mie proposte di viaggi o anche di semplici escursioni: in media viene presa in considerazione solo un’idea su dieci! (Ad essere onesto a volte mi sono reso conto anch’io che alcune delle mie proposte si rivelano alcune eccessive, altre troppo faticose da un punto di vista fisico). E invece la mia idea venne incredibilmente accettata.
Inizia, così, la nostra preparazione dell’on the road tra Croazia-Montenegro; definimmo le tappe (per vedere la mappa del viaggio):
– Spalato (in Croazia),
– Budva e Kotor (in Montenegro),
– Dubrovnik (in Croazia)
– Zara (in Croazia)
scegliendo di fermarci a dormire una notte in ogni città e le restanti 4 notti in Montenegro, con Budva come punto d’appoggio.
Arriva il giorno della partenza, sabato 1 luglio: sicuramente non il periodo migliore per intraprendere un on the road in auto, a causa del grande traffico, il principale problema sarebbe stato, infatti, quello di attraversare in breve tempo il confine tra Slovenia e Croazia. Durante l’on the road l’attraversamento dei confini sono stati i momenti più pesanti, ma anche più divertenti del viaggio, una delle preoccupazioni più grandi di Giovanni, era quella di rimanere bloccato alle frontiere, in qualche controllo approfondito dei documenti, ma soprattutto dell’auto. Temeva, infatti, che gli venisse smontata a pezzi (alcune persone, infatti, ci avevano raccontato di aver trascorso decine di ore ad attendere perquisizioni approfondite ai confini) ed io ovviamente, da buon amico, non facevo altro che alimentare le sue paure.
Decidiamo, così, di partire di buon mattino per provare ad evitare il traffico; l’idea si rivela vincente ed in circa 6 ore arriviamo a Spalato, giusto in tempo per sistemarci nell’appartamento che avevamo prenotato e rilassarci al porto con un panino e una birra. Nel pomeriggio facemmo un giro per il centro storico di Spalato, una piccola città costruita, dentro un antico palazzo romano risalente al 300 d.C. il Palazzo di Diocleziano, che ti colpisce subito per il suo brulicare di persone, quasi caotico. Le stradine del centro, complice anche il fatto che fosse un sabato sera d’estate, era pieno di gente che passeggiava.

Spalato è una città dalla storia antichissima, nata come colonia greca, divenne, poi, parte dell’impero romano (epoca durante la quale fu costruito il Palazzo di Diocleziano, il complesso fortificato situato al centro della città) fino al susseguirsi di diversi dominii, dall’amministrazione veneziana alla monarchia austro ungarica. In tempi moderni, Spalato visse anche il periodo dell’occupazione da parte dell’Italia, diventando a tutti gli effetti territorio italiano, divenne, poi, parte della Jugoslavia socialista, fino ad essere oggi, dopo la dissoluzione della Jugoslavia, una delle principali destinazioni turistiche della Croazia indipendente, uno degli stati membri dell’Unione Europea.
Il suo mix culturale rende Spalato una città molto viva, giovane, dall’atmosfera vibrante, soprattutto alla sera quando i suoi vicoli, pieni di localini, ristoranti e bar si animano di turisti e residenti.
Noi, però, non potemmo vivere appieno la sua movida, il giorno dopo ci aspettava ancora un po’ di strada prima di arrivare a Budva, e soprattutto dovevamo oltrepassare 3 confini.
Difatti per andare da Spalato a Budva bisogna attraversare prima un tratto di Bosnia (circa 10 km) per poi rientrare in Croazia ed infine entrare in Montenegro.
La distanza tra Spalato e Budva non era eccessiva, circa 400 km, ma per percorrerla ci impiegammo oltre 10 ore: aspettammo oltre un’ora al confine tra Croazia e Bosnia e quasi due a quello tra Croazia e Montenegro, nonostante non ci fossero lunghe file di macchine incolonnate. Nelle lunghe attese, bloccati in auto, io non perdevo occasione per alimentare le paure di Giovanni, il mio amico, sul fatto che molto probabilmente gli avrebbero smontato la macchina pezzo e pezzo e noi avremmo trascorsa la giornata successiva a rimontarla.
Alle lunghe attese trascorse ai confini, si aggiunse il navigatore che aveva deciso di smettere di funzionare (in realtà percorrevamo strade nuove, non ancora inserite nelle mappe). E così, anche se continuavo a rassicurare Giovanni, a dire il vero neppure io avevo la più pallida idea di dove ci trovavamo di preciso in quel momento, nonostante ciò riuscimmo ad arrivare a Budva nel tardo pomeriggio, giusto in tempo per farci una doccia al volo ed ritrovarci in spiaggia per una birra. Una piccola spiaggia che riusciva a trasmettermi un senso di relax e tranquillità, dalla vista incantevole, quello che ci voleva dopo due giorni di viaggio.
Budva ha una storia molto antica, per certi versi simile a quella di Spalato, di origine greca e romana, eppure in pochi anni è diventata una meta molto gettonata dai turisti, soprattutto da russi, che hanno scelto di investire qui ingenti capitali nella costruzione di moderni palazzi e hotel che hanno contribuito a rendere Budva una città moderna con una vivace vita notturna che inizia ad animarsi al tramonto, quando si accendono le prime luci dei numerosi locali e dei ristoranti.
La nostra scelta di inserire Budva tra le tappe “economiche” del nostro on the road non si rivelò vincente, infatti, nonostante il reddito medio dei sui abitanti sia piuttosto basso, lo sviluppo del turismo in questa zona ha notevolmente innalzato i prezzi, a tal punto da essere paragonabili a quelli di destinazioni più blasonate.
Anche la scelta dell’hotel non si rivelò la migliore: nonostante la sua buona posizione, a pochi passi dal mare e dal centro storico, ci fu assegnata una camera al piano terreno nell’ala vecchia dell’edificio, con l’ingresso che dava direttamente su un cancelletto che delimitava l’accesso al parcheggio, il via vai degli ospiti era continuo. Nonostante ciò, e nonostante la camera avesse anche parecchie cose fuori posto decidemmo, comunque, di rimanere lì, quell’hotel si rivelò essere una delle parti divertenti del viaggio: data la nostra posizione “privilegiata” oramai conoscevamo non solo tutti gli ospiti dell’hotel, ma anche il ragazzo che lavorava alla reception (in realtà era più un tuttofare, per qualsiasi cosa ed a qualsiasi ora, lui era sempre al suo posto, a tal punto che arrivammo a sospettare che lavorasse h24 senza concedersi neppure una pausa o che avesse un gemello che lo sostituisse).
Dopo un giorno di meritato riposo, trascorso tra la spiaggia di Budva ed una visita alla “Stari Grad”, la “città vecchia”, dove tra le sue antiche mura si respira un’atmosfera quasi magica; decidemmo di visitare Kotor (nome montenegrino per Cattaro) distante poco meno di un’ora di macchina da Budva.
Kotor è una città fortificata, all’interno di antiche mura, con una lunga storia di dominazioni alle spalle, le cui tracce più evidenti sono i resti delle fortificazioni erette durante il periodo dell’occupazione da parte della Repubblica di Venezia.
Kotor è stato, per molti secoli, uno dei porti più importanti del Mar Adriatico vista la sua posizione privilegiata al riparo dai venti e dalle correnti, poichè situato all’interno di un fiordo (il fiordo più meridionale d’Europa e il più grande del Mar Mediterraneo). Una grande insenatura frastagliata, di 28 chilometri, sospesa tra il mare e le montagne.
Oggi continua ad essere scalo di molte navi da crociera (l’anno precedente, per lavoro vi ero solo transitato, ma non ero riuscito a scendere a terra).
La giornata passò tra la visita alla città, tra stradine e piazze caratteristiche, ed al Castello di San Giovanni, raggiungibile dopo una salita estenuante, con un dislivello di 260 metri, che percorremmo sotto un sole cocente e senza neppure un filo d’aria.
Nonostante fossi allenato quella salita si rivelò veramente impegnativa e faticosa, ma ne valse la pena, la vista panoramica sull’intera baia è veramente fantastica! Si poteva ammirare nella sua interezza le suggestive Bocche di Cattaro, uno spettacolo unico, ancora poco conosciuto!
Trascorsi il giorno seguente in solitaria: ero intenzionato, infatti, a visitare l’isola di San Nicolò, situata proprio di fronte a Budva, raggiungibile solo con un piccolo traghetto, ma considerato lo scarso feeling di Giovanni con la navigazione non c’era altra soluzione che dividerci.
L’isola di San Nicolò è un’autentica perla, un’oasi di pace che conserverà tutta la sua autentica bellezza, almeno fino a quando verrà preservata dall’urbanizzazione. L’isola a parte due bar/ristoranti e una zona attrezzata con lettini ed ombrelloni, è ricca di zone selvagge e incontaminate.
Dopo la giornata, trascorsa in solitudine, sull’isola di San Nicolò e un’altra in totale relax alla scoperta delle diverse spiagge di Budva, era, già, arrivato il momento di prepararsi al viaggio di ritorno verso casa. Avremmo iniziato la risalita della costa, fermandoci prima a Dubronik e poi a Zara, le ultime due tappe in programma.
Il viaggio da Budva verso Dubrovnik si rivelò breve e senza intoppi, al confine non ci furono particolari problemi ed in poco tempo eravamo nella città dalmata.
La scelta dell’hotel anche questa volta si rivelò strategica dal punto di vista logistico, ma meno dal punto di vista dell’ospitalità, ma questa volta fortunatamente dovevamo fermarci soltanto una notte.
Appena arrivati, ci rendemmo conto subito che Dubrovnik, a dispetto delle altre città della Croazia alle quali eravamo abituati, non era una città economica: visto che era ora di pranzo, decidemmo di prenderci due tranci di pizza e due Coca-Cola, per la modica cifra di 20 euro!
La vicinanza ed i collegamenti giornalieri con Bari ed Ancona, accanto alla presenza di un forte turismo crocieristico (destinazione che anche io avevo raggiunto l’anno precedente per lavoro, ma che non avevo potuto visitare) rendevano Dubrovnik una città cara, alla pari di Venezia o ad altre città famose.
A dispetto di quello che avevamo immaginato, quel viaggio che era stato pensato come economico aveva, invece, iniziato a prendere una piega totalmente differente.
Nonostante questo inconveniente, conservo un bellissimo ricordo di Dubrovnik, con la sua via principale dal nome chiaramente veneto, lo Stradun, a ricordo della lunga dominazione veneziana, il bagno all’esterno del porto vecchio, proprio al di sotto della fortificazione che sovrasta la città e del famoso camminamento lungo le sue mura, un luogo davvero poco conosciuto ai turisti, ma frequentato soprattutto da locali.
Il mattino seguente, partimmo alla volta di Zara, ultima tappa del nostro on the road e qui la più grande preoccupazione del mio amico, che lo aveva accompagnato per tutto il viaggio, si materializzò.
Dopo un breve transito in Bosnia, al rientro in Croazia, fummo fermati alla frontiera, per quello che doveva essere un normale controllo dei documenti.
Il poliziotto croato ci chiese come mai non avevamo con noi i passaporti, ma soltanto le carte d’identità; io, in modo un po’ sgarbato, risposi: “Passports are not needed to cross this border. Why do you want a passport?” (i passaporti non servono per passare questo confine. Perchè vuoi il passaporto?). Dopo la mia domanda il poliziotto uscì dalla sua garitta, prese due barriere jersey in plastica e ne mise una davanti e l’altra dietro la nostra macchina, e fece cenno alle vetture che ci seguivano di passare alle altre postazioni. Io già mi vedevo a trascorrere l’intera giornata al confine, Giovanni, dal canto suo, immaginava la sua macchina smontata a pezzi; in tutto ciò il poliziotto, invece, si mostrava estremamente tranquillo.
Passarono 5 minuti e, dopo una chiacchierata, il poliziotto mi spiegò che la richiesta del passaporto avrebbe permesso solo di velocizzare le procedure di registrazione del nostro ingresso in Croazia, mentre esibendo le carte d’identità avrebbe dovuto inserire tutti i dati a mano.
Tirammo un bel sospiro di sollievo!
A distanza di anni, ripensando a quell’episodio, ci ridiamo ancora su, ma in quel momento ammetto che anche io temetti di dover passare la giornata bloccati a quella frontiera.
Arrivammo a Zara, la meno nota fra le città del litorale croato, all’ora di pranzo, ci sistemammo presso l’alloggio prenotato (un bell’appartamento curato e pulito e con un climatizzatore perfettamente funzionante, fino a quando non provai ad alzarne la temperatura), mangiammo un panino al volo ed andammo alla spiaggia di Kolovare, la spiaggia pubblica che si trova ad est della penisola, con una piscina nel mare (e naturalmente con acqua di mare), riconoscibile da lontano per il trampolino da tuffi di 10 m che domina la spiaggia.

Un luogo davvero poco turistico, frequentato soprattutto da locali e proprio ciò che cercavamo dopo la scampata paura!
Trascorremmo alcune ore in relax, nel tardo pomeriggio ci dirigemmo nella zona dell’organo marino (opera di un’artista che è stato capace di catturare la musica del mare, grazie ad uno strumento musicale sperimentale, ricavato nella pietra che, a tutte le ore del giorno e della notte, in base all’intensità del moto ondoso, produce dei suoni melodiosi, generati dall’aria che viene incanalata in una serie di tubi situati sotto degli enormi gradoni di marmo) e del Saluto al Sole (un disco di vetro multistrati che protegge centinaia di pannelli solari fotovoltaici che di giorno assorbono l’energia solare e si notte si illuminano dando vita a un gioco di luci in simbiosi con il ritmo delle onde) installato, a pochi metri dal mare e dall’organo marino, per ammirare il tramonto.
Zara mi ricordava molto Spalato, con il turismo soprattutto di giovani facilitato anche dai collegamenti aerei diretti con i paesi anglosassoni, un’atmosfera vibrante ed allo stesso tempo era capace di trasmettermi una bella sensazione di leggerezza.
Proseguimmo la serata in un locale della città, ma senza tirar tardi, la sveglia era fissata presto all’indomani e, poi ci attendevano altre 4 ore di macchina, per tornare a casa, il viaggio proseguì scorrevole e senza intoppi.

Ad oggi, questo on the road tra Croazia e Montenegro è uno dei viaggi di cui conservo alcuni dei più bei ricordi, caratterizzato da un pizzico di improvvisazione e da un buon spirito di adattamento, ma sicuramente non così economico come avevo immaginato prima della partenza.
Ricordo con divertimento e nostalgia i lunghi trasferimenti in macchina, le lunghe attese alle frontiere, le grandi risate, la vitalità di Spalato e Zara, i paesaggi montenegrini, da togliere il fiato, lungo le strade costiere, il blu intenso del mare, i bagni nelle sue acque limpide, le grigliate di carne e di pesce e soprattutto quella sensazione di relax e spensieratezza che oggi mi mancano, dopo queste lunghe settimane trascorse tra le quattro mura di casa.”
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Autore Merigrei. Una sognatrice con la valigia sempre pronta, che crede nella bellezza delle piccole cose. |
Mi interessa molto quest’itinerario di viaggio, perché anche se sono stata alcune volte in Croazia, non ho mai visitato le mete che invece sono affrontate qui. In Montenegro poi non ci sono mai stata, ma mi piacerebbe continuare ad approfondire la penisola balcanica!
E’ un viaggio che affascina anche me, è per questo che ho voluto raccontarlo nel mio blog, attraverso le parole di un viaggiatore che ha vissuto questo on the road in prima persona !