Barefoot Hiking: camminare a piedi nudi tra le montagne del Marocco

Viaggiare non significa semplicemente muoversi, percorrere migliaia di chilometri per conoscere nuovi luoghi, scoprire nuove realtà, riempire il cuore e la mente di mille ricordi, colori, suoni e sapori.

Viaggiare è più uno stato mentale; significa essere curiosi verso la vita, smettere di guardare in una sola direzione, lasciare scorrere i pensieri e le idee in modo da ampliare i propri orizzonti.

Viaggiare è aprire la nostra mente e il nostro cuore a ciò che è nuovo, al diverso. Infatti, come affermava Marcel Proust, “viaggiare non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”, per acquisire una maggiore consapevolezza non solo di noi stessi, ma anche della realtà. Viaggiare ti permette di conoscere nuove persone con le quali condividere non solo strade, case, momenti, ma anche ricordi, emozioni ed esperienze di vita.

A volte ci sono persone, che, attraverso i loro racconti, ti permettono di viaggiare, anche, quando sei a casa, viaggiatori, capaci di farti conoscere la parte più autentica di un paese, la sua anima, regalandoti immagini che ti rimarranno impresse nel cuore e nella mente e contribuiranno ad accrescere il desiderio di salire sul primo aereo. E’ così, ogni volta, che mi ritrovo a parlare con Mohamed (Rachyd), un amico, uno spirito libero, un giovane amazigh Ait Atta, che vive tra Nkob, sua città natale, situata nella provincia di Zagora, conosciuta anche come la città delle 45 Kasbah, e Marrakech, dove ha sede il suo tour operator, la Morocco Sahara Adventures.

Grazie ai suoi racconti, mi sono potuta avvicinare alla parte più autentica del Marocco, quella lontana dai circuiti del turismo di massa. Mohamed è, infatti, un profondo conoscitore della storia, della cultura e della geografia del paese, oltre ad essere guida di montagna (o ‘guida alpina’, titolo riconosciuto dalla federazione reale marocchina di alpinismo) accompagna personalmente, i viaggiatori alla scoperta della cultura berbera del Marocco, di quelle tradizioni millenarie che rischiano di scomparire.

A volte capita, che ci siano luoghi che sogniamo di visitare da tanto, paesi che, però, sembrano correre su un binario parallelo, rispetto alla nostra vita, e per qualche strana ragione, anche quando siamo ad un passo dal visitarli, la vita si diverte a mischiare le carte. Il Marocco, per me è uno di quei paesi, ma so, che prima o poi, le nostre strade si incroceranno.

Qualche giorno fa mi arriva via Whatsapp, un video di Mohamed, che racconta i momenti più significativi di un suo trekking sul monte Toubkal, mentre accompagnava dei turisti. Il Jbel Toubkal (tradotto letteralmente la “vetta da cui si vede tutto”) con i suoi 4.167 metri, è la montagna più alta del Marocco e la seconda di tutto il continente africano, dopo il Kilimangiaro, situato nel Parco nazionale del Toubkal, a circa 63 km a sud di Marrakech.

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Il circuito del Toubkal è un percorso di trekking circolare tra i più affascinanti che si possono fare in tutto il Nord Africa, che attira, ogni anno, un gran numero di amanti della montagna.

Un trekking che, seguendo il percorso delle mulattiere, permette di attraversare luoghi incontaminati tra coltivazioni a terrazza, vallate e laghi, su quelle terre dove sorgono villaggi berberi e dove la vita segue ancora i ritmi della natura.

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La scalata non richiede particolari conoscenze alpinistiche, è un trekking non tecnico, caratterizzato da ghiaioni, terreni sconnessi ed irregolari (non vi è nessuna arrampicata), ma, piuttosto, impegnativo, non solo per l’elevata altitudine (la cima è a quota 4167 m), ma, anche, perchè è caratterizzato da forti dislivelli a ogni tappa, il tratto finale, poi, quelli verso la cima, è molto ripido (quasi verticale).

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E’ un trekking da affrontare con la giusta preparazione fisica, che richiede l’utilizzo di un equipaggiamento adatto, in particolare è fondamentale la scelta di buone scarpe da trekking: i sentieri, infatti, sono molto rocciosi e talvolta scivolosi. E’ è proprio considerando le caratteristiche del terreno di questo trekking che hanno reso incredibile l’impresa compiuta da Mohamed: ha percorso, a piedi scalzi, il tragitto che da quota 1770 m, conduce fino al Rifugio Toubkal, situato a quota 3207 m. Un’impresa nella quale non si era ancora mai cimentato nessun escursionista marrocchino o straniero.

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Mohamed mi spiega che sul Monte Toubkal ci sono diversi percorsi di trekking, alcuni abbracciano gran parte della campagna circostante dell’Alto Atlante, prima di salire sulla vetta e per portarli a termine richiedono dai 4 fino a 9 giorni.

Se si ha poco tempo a disposizione, come nel caso dei turisti che accompagnava Mohamed, si può, anche, decidere di salire e scendere in 2 giorni: partendo dal villaggio di Imlil, situato nel cuore del Parco nazionale del Toubkal, si sale fino al rifugio Toubkal, dove si passerà la notte. Da qui, il giorno dopo, avvolti nel silenzio della notte, si inizierà l’ascesa verso la vetta, dalla cui sommità si potrà ammirare uno spettacolare panorama su gran parte dell’Atlante, sulla pianura di Marrakech e sugli antichi vulcani del Jebel Siroua, per, poi, riprendere la discesa e tornare a valle.

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Mohamed mi spiega, che ha raggiunto la vetta con indosso le scarpe da trekking e non a piedi scalzi, una scelta consapevole, la sua, per evitare inutili rischi, dettata dal fatto che per salire in vetta bisogna affrontare un trekking notturno, durante il quale si prosegue illuminati dalla sola luce delle lampade frontali, si parte, infatti, dal rifugio molto presto, intorno alle 3:00 di notte. Ed è proprio di notte che è necessario prestare maggiore attenzione a dove si mettono i piedi. Semplici pietre che di giorno si possono oltrepassare senza problemi, di notte si corre il rischio di non vederle.

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 Secondo Mohamed, è fondamentale evitare pericoli superflui quando si compiono escursioni di barefoot hiking (ovvero camminare a piedi nudi in montagna) ed, in generale, tutte le escursioni in montagna sono da compiersi sempre in sicurezza, accompagnati da guide esperte, che conoscono bene il territorio, durante questo trekking, ad esempio, erano accompagnati da una seconda guida.

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Mi ha sempre affascinato il movimento del barefooting (letteralmente camminare a piedi nudi), per alcuni, una vera propria filosofia di vita, nata in Nuova Zelanda, attorno agli Anni Sessanta del secolo scorso e successivamente approdata negli Stati Uniti, per arrivare, solo negli ultimi anni in Europa.


Il barefooting è un modo per creare un contatto diretto con la natura, è un ritorno al passato, alla madre terra, un riappropriarsi dell’ambiente naturali, percorrendo sentieri a contatto con il terreno.

E’ un tornare alle origini, basti pensare che fino alla prima metà del secolo scorso, per la maggior parte delle persone camminare a piedi scalzi era la cosa più naturale del mondo. Negli ultimi anni, si è diffuso, anche, il barefoot hiking (letteralmente escursioni a piedi nudi) praticato su terreni impervi e superfici irregolari, di solito, di montagna: attività che Mohamed pratica, spesso, tra le montagne del Saghro, il punto più orientale della catena dell’Anti Atlante, a pochi chilometri dalla sua città natale Nkob.

Un’esperienza affascinante, ma ben diversa dal camminare a piedi nudi su un prato o sulla sabbia, in riva al mare, da iniziare gradualmente. E’ necessario, infatti, una fase di training, su percorsi brevi e semplici, per far sì che la pianta del piede si ispessisca e si rafforzi la muscolatura delle dita dei piedi. E’ necessario, poi, una sorta di rieducazione all’appoggio del piede, per reimparare a camminare correttamente scalzi. L’uso delle scarpe, infatti, con tallone rinforzato e la suola che non consente il naturale movimento dell’arco plantare, ci ha fatto imparare a camminare appoggiando prima il tallone, rullando l’arco plantare e solo successivamente staccando l’avampiede.

Per camminare, in maniera agevole, a piedi scalzi, bisogna, invece, appoggiare prima l’avampiede e solo dopo completare l’appoggio con il tallone. L’arco plantare, si deve contrarre e poi rilassare, per permettergli di recuperare la sua funzione originaria, simile ad una molla.

Mohamed mi racconta che, sebbene stesse pensando da sette anni di compiere, a piedi scalzi, questo percorso sul Monte Toubkal, (da quota 1770 m fino al Rifugio Toubkal) non è un’escursione nella quale ci si può cimentare senza preparazione ed allenamento specifico: prima del trekking si, infatti, è preparato compiendo regolarmente diverse escursioni, a piedi scalzi, sulle montagne del Saghro.

Camminare a piedi nudi in montagna è sicuramente un’esperienza fatta di emozioni e di silenzio, ma anche di concentrazione, forza fisica e mentale. E compiere un’escursione a piedi scalzi sulla montagna più alta del Marocco, lì dove la natura è, ancora, pura ed incontaminata, deve essere una di quelle esperienze capaci di regalare emozioni e ricordi indelebili.

2 commenti

  1. Premesso che non sono una grande camminatrice quindi avrei bisogno di molta preparazione, però mi piacerebbe fare un’esperienza del genere in montagna. Adoro camminare a piedi scalzi e penso che sarebbe un modo per entrare in contatto profondo con la natura e con la terra sotto ai piedi..

    • Credo che sia una di quelle esperienze che ti cambiano il modo di rapportarti alla natura !

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