Vi è mai capitato di innamorarvi di una città molto tempo prima di averla visitata, magari dopo aver letto un libro o visto un film?
A me è capitato con Praga, una delle città più belle e affascinanti d’Europa, con quel suo fascino antico, misterioso e a tratti magico, che con le affascinanti architetture ha ammaliato non solo molti scrittori, ma è stata anche scelta come set cinematrografico per grandi produzioni hollywoodiane.
Il film che mi ha fatto amare Praga è stato, senza ombra di dubbio, Mission Impossible (1996) diretto da Brian De Palma. Tutta la prima lunga sequenza iniziale è stata girata nel pieno centro di Praga, è proprio in questa città che Ethan Hunt, agente segreto, (interpretato da Tom Cruise) e la sua squadra devono portare a termine una delicata missione.
La maggior parte delle scene sono state girate di notte: le strade quasi deserte, illuminate dalle luci tenui dei vecchi lampioni, un silenzio quasi surreale, rotto solo dal rumore dei passi, il lento fluire delle acque scure della Moldova che attraversa tutta la città, scolpendone il profilo con i suoi isolotti, i battelli, il Ponte Carlo, i suggestivi vicoli dell’Isola di Kampa hanno messo in risalto tutto il fascino senza tempo di questa città.
Il film è un vero e proprio tributo alla città è stato girato, infatti, in diversi quartieri della città da Nove Mesto (la sontuosa festa all’ambasciata è stata girata interamente nel Museo Nazionale che sorge in Piazza Venceslao) a Mala Strana (tra i vicoli dell’Isola di Kampa e il Ponte Carlo) passando per Stare Mesto (dove sorge la piazza della Città Vecchia, qui il protagonista Ethan Hunt, attraversa a piedi tutta la piazza e sullo sfondo si riconoscono chiaramente la Chiesa di San Nicola e il Palazzo Kinsky).

Una curiosità, se come me una volta giunti a Praga, nella piazza della Città Vecchia, andate alla ricerca del ristorante di vetro, dove Hunt si incontra con il direttore dell’IMF (Impossible Mission Force), lo stesso che fa saltare in aria, grazie ad una gomma esplosiva lanciata contro la parete dell’acquario presente al suo interno, rimarrete sorpresi, di quel ristorante non esiste neppure l’ombra.
E’ stato creato unicamente per girare la scena del film, ma forse è questa anche la magia del cinema, rendere ancora più suggestiva una piazza che di per sé è già spettacolare.
Se mi sono innamorata di Praga guardando Mission Impossible, è tra le pagine di un romanzo di Milan Kundera “L’insostenibile leggerezza dell’essere” che capito l’anima di questa città.
In questo libro Kundera, racconta, con rara maestria, le vite dei suoi quattro personaggi (Tomas, Tereza, Sabrina e Franz) che si intrecciano sullo sfondo di una città travagliata dalla Primavera di Praga e dalla successiva occupazione della Cecoslovaccha da parte dell’Unione Sovietica. Le storie dei protagonisti si mescolano con le loro riflessioni sulla vita, sulla consapevolezza che la vita sia unica ed irripetibile. Ogni uomo ha una sola vita da vivere, una linea retta da percorrere senza alcuna possibilità di capire se le proprie scelte siano giuste o sbagliate (non potendole confutare), senza possibilità di ripensamenti. Ogni uomo vive come un attore che entra in scena senza aver mai provato prima, le scelte che compie nella vita appaiono, perciò, del tutto irrilevanti se confrontate con la vita stessa.
Le scelte per questo motivo sono leggere, ma proprio questa mancanza di significato, è un peso insopportabile per l’uomo stesso che per natura ricerca un significato nelle proprie azioni e si pone domande.
Pagina dopo pagina ti sembra quasi di camminare con i personaggi tra le strade di Praga, di essere in quei caffè letterari, odorosi di fumo, dove ebbe inizio il crollo del sistema comunista, ti sembra di essere lì con Tereza, sulla collina di Petrin ad ammirare la città dall’alto o sulle sponde della Moldova, a fissare quelle stesse acque dove si riflette tutta la sua vita e dove acquisisce una consapevolezza nuova: la felicità e’ raggiungibile solo se ci si riesce a liberare dai condizionamenti delle proprie convinzioni.
“Uscì in strada e si incamminò verso il lungofiume. Voleva vedere la Vltava (“Moldova”). Voleva fermarsi sulla riva e guardare a lungo l’acqua, perché la vista dell’acqua che scorre placa e guarisce. Il fiume scorre da sempre e le vicende degli uomini si svolgono sulla riva. Si svolgono per essere dimenticate il giorno dopo e perché il fiume scorra oltre” (da “L’insostenibile leggerezza dell’essere”).
Praga è una città che mi ha da sempre incuriosito, sin dai tempi della scuola, quando tra i programmi scolastici era stato inserito uno scrittore la cui vita e produzione letteraria è strettamente legata alla città: Franz Kakfa.
Come ha scritto, infatti, Johannes Urzidil, nel suo libro “Di qui passa Kafka”: “E tuttavia Kafka era Praga e Praga era Kafka. Mai era stata così compiutamente e tipicamente Praga, e mai più lo sarebbe stata come durante la vita di Kafka. In ogni sua riga noi potevamo e possiamo ancora assaporarla”.
In ogni opera di Kafka emerge Praga in tutta la sua bellezza medievale e barocca, a tratti intrigante, con il suo labirinto di strade della Città Vecchia, fatto di luci e di ombre, con il suo castello che domina tutta la città, ma allo stesso tempo è parte integrante, che alla sera illuminato acquista un sapore quasi fiabesco.
Il Castello di Praga, una città nella città, è il castello più grande al mondo con le sue settecento stanze, sei chiese, immensi giardini, oggi residenza del presidente della Repubblica Ceca e sede di numerosi edifici amministrativi.
Sembra di fare un salto nel tempo esplorando i suoi vicoli, tra cui il famosissimo Vicolo d’Oro, con le sue casette colorate, un tempo abitate da alchimisti al servizio dell’imperatore Rodolfo II.
Camminando tra i suoi palazzi si coglie tutto il senso di magnificenza, ma anche di assoluto rigore così ben descritto da Franz Kafka, nel suo libro “Il Castello” che si ritrova anche nel “Il Processo” dove una parte significativa della storia si svolge interamente nel Duomo di Praga (ovvero la Cattedrale di San Vito un vero e proprio capolavoro d’arte e architettura che ancora oggi svetta con le sue guglie nel cielo di Praga).
Camminando tra le sue stradine e girovagando nelle sue piazze, sono rimasta estasiata dalla magia di Praga e nonostante sia passata qualche settimana dal mio viaggio nella Repubblica Ceca è ancora ben vivo in me il ricordo di questa città, di cui mi ero innamorata, anni fa, attraverso il cinema e i libri.
Se anche voi siete rimasti affascinati dalla bellezza di Praga, dalle sue splendide architetture e da quell’alone di mistero e magia che la pervade in ogni suo vicolo, lasciatevi ispirare da momondo e prenotare il vostro prossimo volo.
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[Articolo scritto in collaborazione con @momondo]
Ho recuperato questo tuo articolo perchè io… leggo tutto su Praga! E’ compulsivo, ormai lo so. Concordo con te su tutto e ti lascio un consiglio di lettura: se non l’hai letto “Praga magica” di Ripellino per me è il libro perfetto su questa città.
Io però sono nerd e il mio libro preferito su Praga non è quello ma “L’occhio del golem”, secondo volume della divertente tetralogia di Bartimeus di Jonathan Stroud. 😂
Grazie per il consiglio 🙂