Milano, tra le città italiane, è sicuramente la metropoli per eccellenza, capitale della moda, del design e dell’editoria. Una città conosciuta nel mondo per il Duomo, la Galleria Vittorio Emanuele II, il Castello Sforzesco e il quadrilatero della moda. Eppure Milano è anche una città dalla bellezza nascosta, discreta, capace di regalare angoli meravigliosi, e di sorprenderti, basta perdersi nelle sue vie e nei suoi luoghi meno trafficati.
Qualche mese fa vi ho portato in uno dei luoghi più suggestivi della Milano nascosta: la Walk of Fame di Milano, oggi voglio portarvi alla scoperta di alcuni degli angoli segreti, meno conosciuti di Milano:
- Via Lincoln – Quartiere Arcobaleno
- Villa Invernizzi
- Casa Galimberti
- Conca dell’Incoronata
- Case Igloo
Via Lincoln
A pochi passi dalle affollatissime vie dello shopping di Milano e da Piazza San Babila vi è una via nascosta, sconosciuta anche alla maggior parte dei milanesi: via Lincoln. Un’oasi di colori vivaci, immersa tra la natura, un luogo fuori dal tempo che sembra quasi sfidare il grigiore tipico delle giornate milanesi.
Foto di Martina Bischetti
Via Lincoln è una strada di poche centinaia di metri su cui affacciano delle deliziose villette a due piani, dalle facciate dai colori vivaci, si passa dal rosso al verde, dall’azzurro al lilla, dal blu al giallo, in una tavolozza cromatica estremamente armoniosa. Ogni villetta ha un suo giardino, un piccolo angolo verde estremamente curato. Qua e là, svettano delle alte palme, che contribuiscono a conferire a questa via un’atmosfera quasi esotica.

Il quartiere è conosciuto anche come “il quartiere Arcobaleno”, per i colori sgargianti delle case, che ricordano vagamente alcuni quartieri pittoreschi come Notting Hill a Londra, o le coloratissime case di Burano vicino Venezia.
Il progetto di queste case risale alla fine dell’Ottocento quando in seguito allo smantellamento della stazione ferroviaria di Porta Tosa, sostituita dalla Stazione Centrale di Milano, l’intera area fu dismessa.
Una cooperativa edilizia, la cooperativa operaia Società Edificatrice Abitazioni Operaie (SEAO) decise di acquistare l’area sulla quale edificare queste case e di realizzare, così, una “Città Ideale” con lo scopo di destinarle agli operai che lavoravano nella zona.
A quei tempi, infatti, non vi erano quelle che conosciamo come le “case popolari” e le nascenti cooperative edilizie erano l’unica soluzione abitativa, a buon mercato, per gli operai, rispetto alle case con affitti liberi, per le quali avrebbero utilizzato gran parte del loro stipendio solo per pagarne l’affitto.
Alla base della cooperativa edilizia vi era il meccanismo cooperativo di autocostruzione e di autogestione del patrimonio immobiliare: la somma di tutti gli affitti pagati dagli operai diventava il capitale per costruire case funzionali, semplici e a buon mercato. È per questo che il quartiere era conosciuto come il “villaggio operaio”.
Alcuni anni dopo, la SEAO (Cooperativa Operaia Società Edificatrice Abitazioni Operaie) decise di vendere le abitazioni di via Lincoln, oggi, queste case, nate come abitazioni per operai, sono diventate un quartiere residenziale.

Hanno un prezzo di mercato decisamente alto, legato non solo alla loro l’esclusività (sono solo una quarantina di villette) e all’originalità (ogni casetta è diversa dalle altre), ma anche alla loro posizione centrale (a circa 10 minuti dal Duomo), alla loro metratura (la maggior parte sono superiori ai 150 mq) e alla presenza di singoli giardini privati.
Oggi questa via, nonostante il trascorrere degli anni, continua ad essere un’oasi di silenzio e di bellezza, a poca distanza dal centro.
Villa Invernizzi
Nel pieno cuore di Milano, in quella zona conosciuta come il Quadrilatero del Silenzio, una tranquilla zona residenziale in stile liberty, a due passi dalla frenesia del centro, vi è un’altra oasi esclusiva, dove la pace e il silenzio regnano sovrani. Al civico 9 di via dei Cappuccini, si trova Villa Invernizzi, divenuta famosa per i suoi particolari abitanti: dei fenicotteri rosa.
Sì, avete letto bene, vi sono dei fenicotteri rosa in pieno centro a Milano.
Dietro alla maestosa cancellata di Villa Invernizzi, è possibile ammirare una colonia di eleganti fenicotteri rosa che passeggiano liberamente nel giardino della villa.

Nel 1970 i fenicotteri rosa furono importati a Milano, direttamente dall’Africa e dal Cile, per volontà del Cavalier Romeo Invernizzi, proprietario della villa e imprenditore di successo, basti citare il famoso formaggino Mio e l’Invernizzina.
Il Cavaliere Invernizzi era un uomo amante della natura e della vita in campagna, quando la moglie Enrica Pessina, che sognava, invece, una vita in città, gli propose di trasferirsi a Milano, accettò, a patto di poter importare nel giardino della sua villa una colonia di fenicotteri rosa, da poterli ammirare direttamente dalle finestre del suo studio.
Oggi questa pratica non è più permessa, infatti, dal 1980, anno in cui l’Italia aderì alla Convenzione di Washington sul Commercio Internazionale delle Specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES), è vietata l’importazione, in Italia, di fenicotteri al fine di tutelare la specie in via d’estinzione.
I fenicotteri che abitano Villa Invernizzi, sono, i discendenti di quei fenicotteri ed appartengono a due specie diverse: il fenicottero rosa o fenicottero maggiore (Phoenicopterus roseum), diffuso soprattutto in Africa, e il fenicottero cileno (Phoenicopterus chilensis), originario del Sud America.
Il Cavaliere Invernizzi fece costruire appositamente per i fenicotteri, all’interno della villa, una fontana e uno stagno, al fine di garantire loro le migliori condizioni di vita, seppur in cattività. Si preoccupò, inoltre, che anche dopo la sua morte i fenicotteri fossero tutelati.
Nel testamento dispose che tutti i suoi beni e quelli di sua moglie fossero lasciati alla Fondazione Invernizzi, la quale aveva il compito, oltre di amministrare i beni della famiglia e sostenere iniziative nell’ambito dello studio dell’Economia, delle Scienze Alimentari e della Medicina e Chirurgia, anche quello di tutelare e prendersi cura della colonia di fenicotteri.
Vi è un guardiano che si occupa giornalmente dei fenicotteri fornendo loro un pastone, a base di crostacei e vitamine, al fine di mantenere brillanti il colore delle piume e che tiene costantemente sotto controllo la lunghezza delle ali affinchè non volino via.
Dal 2004, anno della morte del Cavalier Invernizzi, la Fondazione Invernizzi si è anche occupata di ricreare le condizioni migliori affinchè i fenicotteri potessero nidificare e riprodursi. Grazie alle condizioni ideali che hanno trovato nella villa, la colonia è cresciuta molto negli anni, quando divenne troppo numerosa, parte dello stormo, in accordo con la Forestale, fu affidato al Parco Zoo di Punta Verde di Lignano Sabbiadoro.
Ad un primo sguardo i fenicotteri sembrano tutti uguali, come distinguere, perciò, le due specie?
I fenicotteri rosa o fenicotteri maggiore si riconoscono facilmente perché la maggior parte delle penne sono bianche o rosa pallido, mentre i fenicotteri cileni hanno un piumaggio più rosa.

Oggi Villa Invernizzi è sede della Fondazione Invernizzi, sebbene la Villa e il suo giardino, non sono aperti al pubblico, i fenicotteri di Villa Invernizzi sono diventati uno dei simboli della città di Milano.
E’ possibile, però, curiosare tra le sbarre della cancellata, in mezzo alle grandi siepi ed alberi e ammirare, in silenzio, i fenicotteri, indisturbati abitanti della villa, che passeggiano liberamente.
Anche se nati in cattività, bisogna, infatti, ricordare che i fenicotteri continuano ad essere animali selvatici, piuttosto schivi e timidi.
Casa Galimberti
In zona Porta Venezia, in via Malpighi 3, vi è uno spettacolare edificio in stile liberty, perfettamente conservato, con una facciata molto appariscente, delle coloratissime decorazioni, motivi floreali in cemento e balconi in ferro battuto.
Realizzato tra il 1904 e il 1906 dall’architetto Giovanni Battista Bossi è uno degli più interessanti e originali esempi di Liberty milanese. Un imponente edificio con negozi e locali pubblici al piano terreno e appartamenti privati ai piani superiori, presenta una facciata di 68 metri, riccamente decorata con maioliche e fregi floreali in cemento.

Al primo piano, si possono ammirare le tradizionali raffigurazioni di eleganti figure femminili e maschili in puro stile liberty, mentre nei due piani superiori proseguono con motivi floreali e piante rampicanti, con delle decorazioni realizzate in ferro battuto. Il tutto intervallato dall’inserimento di piastrelle in ceramica come rivestimento.

I balconi di ogni piano hanno una fattura diversa: si inizia con quelli realizzati tutti in cemento del primo piano, per passare, nella parte centrale del secondo piano, a quelli con angoli in cemento e ferro battuto, fino a quelli dell’ultimo piano, decorati interamente in ferro battuto.

Conca dell’Incoronata
Fuori dai normali circuiti turistici vi è un luogo a Milano da vedere assolutamente: la Conca dell’Incoronata.
Situata in fondo a Via San Marco, la Conca dell’Incoronata, che prende il suo nome dalla vicina chiesa di Santa Maria Incoronata, realizzata da Leonardo da Vinci, su richiesta di Ludovico il Moro, aveva la funzione di consentire il passaggio delle imbarcazioni tra due specchi d’acqua con differente livello.
La conca dell’Incoronata che sostanzialmente sfrutta il principio della chiusa, ovvero è una sorta di sbarramento che separa due specchi d’acqua con differente livello, fu costruita per superare il dislivello fra la Cerchia dei Navigli e il Naviglio della Martesana.

Oggi è l’unico tratto sopravvissuto del Naviglio della Martesana, nel suo percorso originario all’interno delle Mura Spagnole, le antiche cinte murarie che nel corso dei secoli furono erette a difesa della città.
E’ conosciuta anche con il soprannome di “Conca delle Gabelle” poiché era il primo punto in cui chi, voleva entrare a Milano, via canale, doveva fermarsi per pagare il dazio o la gabella, ovvero una tassa che i barconi dovevano pagare per poter trasportare merci o persone.
Oggi l’assenza di acqua nella conca permette di ammirare meglio quest’opera di ingegneria idraulica ed in particolare le due porte in legno della chiusa, identiche a quelle disegnate da Leonardo da Vinci e oggi visibili nel Codice Atlantico, la più ampia raccolta di disegni e scritti di Leonardo, conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Le porte presentano degli sportelli per far uscire o entrare l’acqua, incernierati al centro, in modo da non opporre resistenza ai flussi dell’acqua.

Questa chiusa è una vera e propria opera d’ingegneria, a tal punto che è stata riconosciuta come opera monumentale nel 1967.
Nel 1996, in occasione dei 500 anni dalla sua realizzazione, il Comune di Milano ha effettuato un accurato restauro della Conca dell’Incoronata che ha permesso di valorizzare questo angolo di storia milanese che è giunto fino a noi.
Case Igloo
Lontano dalla frenesia del centro di Milano, vi è un quartiere stravagante ed insolito, dove si possono ammirare alcune tra avanguardie architettoniche del Novecento italiano immerse nel verde: il bellissimo quartiere della Maggiolina, che prende il nome da un’antica cascina, demolita nel 1920, per lasciare spazio alla costruzione di villette in stile liberty circondate da giardini.
La Maggiolina è uno dei quartieri residenziali più belli della città, un mix architettonico di edifici di epoche diverse, si passa da edifici antichi, come la Villa Mirabello, di metà Quattrocento, uno splendido esempio di villa-cascina con i muri in mattoni rossi, ad edifici modernissimi dallo stile razionalista, come la Villa Filigi, conosciuta anche come la Casa-Palafitta. I dettami del razionalismo architettonico prevedevano l’estrema semplificazione delle forme delle abitazioni, oltre all’utilizzo di colori fondamentali, soprattutto il bianco e all’uso di materiali economici come il cemento armato, il vetro e l’acciaio.
Tra gli esperimenti architettonici di questo quartiere vi sono le costruzioni che si trovano in Via Lepanto: le case igloo, uno degli esperimenti residenziali più curiosi in Italia.
Foto di Martina Bischetti
Durante il secondo dopoguerra, nel 1946, l’ingegnere Mario Cavallè ispirandosi al modello statunitense di casa circolare che, in quelli anni era molto diffusa oltreoceano, e prevedeva la massima libertà sulla disposizione degli spazi interni, decise di far costruire 12 case igloo.
Le case igloo, disposte su due livelli (un piano rialzato e un seminterrato), furono realizzate a pianta circolare, di circa 50 mq in mattoni forati, con struttura a volta: tale sistema permetteva la massima libertà sulla disposizione degli spazi interni. La disposizione originaria prevedeva ingresso, bagno, due camere e cucina: il piano interrato era utilizzato come cantina e ripostiglio, ed era accessibile solo dall’esterno, mentre solo il piano rialzato era abitato.

Negli anni Sessanta del secolo scorso le case igloo rischiarono di essere demolite, ma l’architetto Luigi Figini, che aveva costruito nello stesso quartiere, la sua abitazione, Villa Figini, la casa Palafitta (sospesa da terra grazie a dodici pilastri di cemento) si mobilitò per evitare che venissero abbattute. Le case igloo furono, perciò, sottoposte a vincolo delle Belle Arti.
Oggi il progetto di Mario Cavallè, può apparire piuttosto eccentrico, in realtà aveva uno scopo concreto: in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e alla conseguente distruzione di numerose case, vi era la necessità di avere a disposizione delle case, realizzabili in breve tempo, per sopperire ai bisogni delle numerose famiglie sfollate.
Delle dodici case igloo originarie, oggi ne rimangono solo 8, di queste solo 2 sono rimaste fedeli al progetto originario di Cavallè, le altre hanno subito interventi di ampliamento e rifacimento che ne hanno modificato l’aspetto. Una di loro è stata ripensata come loft open space, un’altra ha un nuovo vano accorpato all’igloo originale, destinato a bagno; col passare degli anni anche l’aspetto originario delle altre quattro case igloo è progressivamente sparito fra numerose ristrutturazioni.
Inoltre, delle 8 case originali solo due sono visibili, una è purtroppo in un evidente stato di abbandono e le altre, quasi non si scorgono più, nascoste dalle cime degli alti alberi piantati nei giardini che oramai superano il tetto delle case.
Le case igloo, oggi, sono proprietà privata e circondate da una recinzione; purtroppo non sono visitabili internamente. Nonostante si possono ammirare e fotografare solo dall’esterno, meritano sicuramente una visita per la loro singolare forma.
Tutte le foto sono di Martina Bischetti @martii_bi
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Che giro stupendo!! Sono milanese doc ma alcune di queste ville non le ho mai viste! Prenderò spunto per il prossimo giro con Raffaella che non ha mai fatto un vero e proprio tour della città. Next time!
Anche per me sono state delle autentiche scoperte. Sono sicura che anche Raffaella ne rimarrà affascinata !
Abito a 20 minuti da Milano e, a parte Viale Lincoln, non conoscevo gli altri luoghi che hai menzionato e per me è un bene perché sono innamorata di Milano e voglio scoprirla poco a poco. Mi salvo l’articolo!
Anche io mi sono innamorata di Milano e non vedo l’ora di tornarci per scoprire altri luoghi poco conosciuti !
Che bello leggere un articolo sulla mia città d’adozione…anche se devo ammettere che ho visto tre dei posti citati…
Ma sono tutti favolosi. Le case igloo tra l’altro, sono nel mio quartiere…ci passo molte volte davanti e mi chiedo sempre
– chissà com’è viverci!
Bell’articolo, complimenti
Milano ha davvero degli angoli poco conosciuti! Anche a me hanno affascinato tantissimo le case igloo !
Sono una di quelle persone che risponde al grido di “Milano che fatica” e non l’ho mai amata particolarmente. Penso però di non conoscerla a fondo e gli angoli nascosti che hai raccontato sono davvero delle chicche. Grazie per avermi fatto vedere scorci diversi di Milano, chissà che non la rivaluti!
Magari la prossima volta che sei a Milano, vai alla scoperta dei suoi angoli più nascosti…credo che bisogna darle una seconda chance !
Bellissime foto e ottimo spunto per un giro da turista in città! 🙂